(Rough) Translator

29 agosto 2016

La Leggenda del (ankylo)Santo Pescatore

L'esemplare di Liaoningosaurus con i (presunti) resti di pesce nella cavità toracice (da Ji et al. 2016).


 
La paleontologia è una disciplina complessa. Essa combina una mentalità biologica con un criterio geologico. Essa analizza oggetti geologici per dedurre informazioni biologiche. Spesso, durante l’indagine paleontologica, è necessario saltare con la mente dalla biologia alla geologia, prendere un concetto geologico, portarlo nell’ambito biologico, adattarlo e poi riportare il risultato nell’ambito geologico per valutare la sua coerenza col dato fossile. Non è facile ragionare paleontologicamente, e spesso, durante questo inevitabile salto triplo carpiato tra discipline, si può scivolare.
Non voglio apparire pretestuosamente polemico, ma penso che gli autori dello studio di cui vi parlo ora siano scivolati su un terreno eccessivamente inumidito da estrapolazioni biologiche.
Andiamo per gradi.
Liaonigosaurus paradoxus è un taxon di dinosauro ornithischio ankylosauro dal Cretacico Inferiore del Liaoning. L’olotipo è un esemplare articolato di piccole dimensioni, lungo circa mezzo metro. Il grado di ossificazione delle vertebre e le ridotte dimensioni suggeriscono che l’esemplare sia giovanile. Difatti, la grande maggioranza dei ricercatori considera questo esemplare immaturo. Quanto era grande Liaoningosaurus da adulto? Non è dato saperlo. Tuttavia, dato che i dinosauri nascono tutti da uova di ridotte dimensioni (relativamente alla taglia adulta), nulla vieta che l’adulto avesse le dimensioni di altri ankylosauri coevi (lunghi alcuni metri). Come molti altri dinosauri dai livelli fossiliferi della Formazione Yixian, l’olotipo di Liaoningosaurus è preservato in livelli lacustrini mescolati a ceneri vulcaniche. Eventi vulcanici improvvisi, come nubi ardenti e emissioni gassose, probabilmente provocavano morie catastrofiche negli animali di queste zone, che, qualora sepolti in condizioni opportune, potevano preservare parti dei tessuti molli: è plausibile quindi che la carcassa del Liaoningosaurus finì in acqua, si adagiò sul fondo e fu ricoperta da sedimento finissimo.
Fin qui, nulla di strano o inusuale rispetto a quanto scritto in passato per altri dinosauri da questa formazione (da Sinosauropteryx a Caudipteryx). 
Tuttavia, in uno studio pubblicato in questi giorni, Ji et al. (2016) propongono una delle ipotesi più radicali proposte in merito ad un dinosauro. Partendo da un nuovo esemplare riferito a Liaoningosaurus, gli autori sostengono che:
Liaoningosaurus era (1) un ankylosauro nano (quindi, che anche l’olotipo sia adulto) e (2) con caratteri giovanili (ovvero, pedomorfico), il quale (3) era adattato a vivere in acqua e che fosse (4) carnivoro, nutrendosi di piccoli rettili e pesci.
Ricapitolando, Ji et al. (2016) ritengono Liaoningosaurus un ankylosauro nano pedomorfico acquatico e carnivoro. Sì, un ornithischio carnivoro, nano ed acquatico. Piuttosto estrema come ipotesi.

Lo status (pale)ontologico di Beipiaognathus



Hu et al. (2016) descrivono un theropode completo lungo circa un metro e mezzo dal Cretacico Inferiore della Cina, e lo riferiscono ad un nuovo compsognathide, Beipiaognathus jii.
“Oh, che bello…” commentavo mentre scaricavo la pubblicazione dalla rete. Non appena ho aperto il file e visto la foto dell’esemplare, ho esclamato: “Oh, che bel… tarocco!”.
La descrizione dell’esemplare è piuttosto scarna, e le immagini a bassa risoluzione, tuttavia, è abbastanza evidente che l’esemplare sia un assemblaggio artificiale, e per giunta piuttosto grossolano. 
Immagine composite di vari elementi di Beipiaognathus (modificato da Hu et al. 2016).

I motivi sono i seguenti:

-         L’esemplare è conservato adagiato sul fianco sinistro del corpo, tranne l’arto anteriore che è conservato “di fronte”, con l’arto anteriore sinistro dislocato anteroventralmente al torace. Strana modalità di fossilizzazione. Sebbene sia noto che il cinto pettorale sia tra le prime parti a distaccarsi dal corpo, è poco chiaro come esso possa traslocare sotto il corpo mentre questo resta disteso di lato. Ciò fa nascere il sospetto che gli arti anteriori non appartengano allo stesso individuo del resto del corpo (quindi, che l’esemplare sia una chimera). La differenza di colorazione tra il corpo e gli arti anteriori potrebbe essere un artefatto dell’illuminazione della foto (notare che il lato sinistro dell’immagine è più luminoso). Ma se non fosse un effetto fotografico, indicherebbe che le ossa delle braccia sono di diversa composizione rispetto al resto del corpo, avvalorando lo status di chimera.
-         Il cinto pettorale (che connette arto anteriore e resto del corpo) è assente (e nemmeno citato nel testo). O meglio, pare essere presente ma… dislocato e articolato altrove. Un osso lungo connette l’omero destro al torace, e a prima vista potrebbe essere la scapola destra ribaltata medialmente e ruotata di 180° (con la regione anteriore posta contro le vertebre e la parte distale a contatto con l’omero). Inoltre, un osso di forma semilunata posizionato nel bacino appare essere il coracoide (osso del cinto pettorale che articola con scapola e omero) collocato per simulare un enorme piede ischiatico.
-         Il bacino ha forma e proporzioni strane. A parte l’osso che potrebbe essere un coracoide, il pube appare girato di 180° rispetto alla posizione originale, con un lungo piede pubico proiettato in avanti piuttosto che indietro. Notare inoltre che un osso allungato sporge sopra il bacino appena prima della coda, rivolto all’indietro: potrebbe essere uno dei due veri ischi.
-         Collo e coda sono piegati in direzione opposta uno rispetto l’altra. Il collo è esteso in posizione opistotonica, sebbene la testa non sia ruotata nel medesimo modo, ma appare esposta dorsalmente e rivolta in avanti. La coda è anche essa estesa opistotonicamente… ma notate che è concava sul lato ventrale, mentre in una corretta posizione opistotonica ci aspetteremmo la concavità sul margine dorsale. Come può un cadavere estendere la coda e simultaneamente flettere la coda? Le contrazioni post-mortem dovrebbero estendere tutta la colonna allo stesso modo. Appare evidente che la coda sia stata attaccata al corpo in modo artificiale e grossolano, e non sia quindi in postura naturale.

Infine, notare che la maggioranza della lastra è un mosaico di piccoli pezzi incollati tra loro.
Appare quindi evidente che l’esemplare nella sua apparenza attuale è un palese artefatto. La domanda fondamentale è se le ossa usate per assemblare questo esemplare siano tutte dal medesimo animale o appartengano ad animali differenti. Purtroppo, dalle informazioni disponibili è difficile stabilirlo. Pertanto, penso sia prematuro includere Beipiaognathus in una analisi filogenetica, dato che non è possibile stabilire se sia un animale reale o una chimera di più esemplari (e taxa).

Di una cosa sono però già sicuro: anche se fosse uno scheletro genuino, l’animale non è riferibile a Compsognathidae come affermano invece gli autori. Hu et al. (2016) riferiscono Beipiaognathus a Compsognathidae in base a due caratteri: spine neurali a “ventaglio”, espanse nella parte dorsale, e primo dito della mano più robusto del radio. Il primo carattere è presente anche in ornithomimosauri e paraviani basali. Il secondo è presente in alverzsauroidi e alcuni paraviani.
Inoltre, l’animale, ammesso che sia genuino, ha meno di 40 caudali, le caudali poco allungate, ha, apparentemente, delle lunghe coste caudali prossimali (se la coda è esposta in parte dorsalmente), un arto anteriore molto più lungo rispetto ai taxa di grado compsognathide, e mani con proporzioni vagamente maniraptoriane. I denti sono conici e privi di seghettature. Se dovessi scommettere una posizione, riferirei questo esemplare a Pennaraptora o l’intorno di quel clade, ma non ai compsognathidi.
Pertanto, alla luce della evidente natura artefatta dell’esemplare, e della sua possibile condizione chimerica, suggerisco di considerare Beipiaognathus come un taxon molto dubbio sul piano sia tassonomico che prettamente ontologico.

Bibliografia:
Hu Y, Wang X, Huang J. 2016. A new species of compsognathid from the Early Cretaceous Yixian Formation of Western Liaoning, China. Journal of Geology 40:191-196.

10 agosto 2016

Il canyon, la carrucola e lo spinosauro


Immaginate di essere sul bordo di un canyon profondissimo, e di voler costruire un ponte che raggiunga l'altro lato del canyon. Non è possibile scendere sul fondo del canyon. Avete a disposizione solamente delle travi e delle funi. Come costruire il ponte partendo solamente da un lato e non potendo in alcun modo innalzare dei piloni nel mezzo del baratro?
Dovremo costruire fissando tutte le impalcature al nostro lato del canyon, e lavorando sempre e solamente dal nostro lato del canyon. A che tipo di forze sarebbero soggetti gli elementi del ponte mano a mano che esso si estende in avanti sopra il baratro?
Rappresentiamo il baratro con la linea rosa nella figura qui sotto. Il margine del canyon in cui siete voi è il punto O: all'inizio, voi non potete andare più avanti di quel punto, ma potete costruire una impalcatura (linee rosse) che si proietta sopra di voi e dalla quale potete far calare i vari elementi per la costruzione del ponte, che si estenderà in avanti a partire dal punto O.
Immaginate di aver costruito una prima parte del ponte (che si estende sopra la zona grigio scuro del baratro nella figura). I vostri elementi da costruzione sono rappresentati dall'esagono verde, posto all'estremità dell'impalcatura rossa. Nel punto Am, l'esagono tenderà a cadere in base al proprio peso (freccia verde chiaro). Per mantenere l'esagono in quella posizione, occorre applicare una forza contraria (freccia rosa). Siccome non potete sollevarvi nel vuoto per applicare tale forza, siete costretti a costruire una carrucola posta verticalmente sopra O, e da lì, tramite funi, generare la forza che mantiene l'esagono in posizione. La forza rosa è quindi la risultante verticale della forza di tensione applicata dalla fune della carrucola (tensione che si applica lungo la linea blu Y1-Am). Mano a mano che la vostra costruzione procede in avanti, vi trovate con il problema che più l'impalcatura si estende in avanti, più il lavoro svolto con la carrucola diventa poco efficace, perché la componente orizzontale “inutile” del lavoro della fune è maggioritaria su quella verticale “utile”. Per ovviare a questo inconveniente puramente geometrico, si può sollevare la carrucola in posizione Y2, per acquisire maggiore componente verticale, l'unica che effettua il lavoro di mantenere l'esagono in posizione. La morale di questa storiella vagamente ingegneristica è che tanto più si estende in avanti il braccio orizzontale dell'impalcatura, tanto maggiore dovrete sollevare in alto la carrucola per avere un lavoro efficace per tenere l'esagono in posizione di lavoro.

Se avete letto il precedente post, probabilmente avrete capito dove voglio arrivare. In quel post, concludevo che Spinosaurus differisce dagli altri megalosauridi, inclusi i baryonychini, nell'allungamento della parte pre-sacrale del corpo, ma che probabilmente è comparabile agli altri taxa nelle dimensioni generali dell'arto posteriore. Tradotto nella metafora del ponte e dell'impalcatura, se AO è la gamba di un megalosauroide generico (con A = acetabolo e O = appoggio dei piedi a terra) e la punta del muso è l'esagono verde, risulta che tanto più l'esagono si estende in avanti (a parità di altezza della gamba) e tanto maggiore sarà la tensione dei muscoli epiassiali e dei legamenti nucali e spinali per mantenere la testa in quella posizione. Questi muscoli sono l'analogo della fune della carrucola. Vedete quindi che all'aumentare della lunghezza della parte pre-sacrale dell'animale, il lavoro dei legamenti diventa progressivamente meno efficace. Per ovviare a questa perdita di efficacia, una soluzione è quella di sollevare progressivamente la posizione del punto di ancoraggio dei legamenti rispetto all'acetabolo. E dove ancoràno questi legamenti? Sulle spine neurali! Pertanto, questo modello predice che un animale “iper-allungato” rispetto alla gamba, come Spinosaurus, dovrà evolvere delle spine neurali molto alte per aumentare l'efficacia dei legamenti che tengono sospesa la testa.
Ed è esattamente quello che osserviamo con Spinosaurus.
Il rettangolo grigio scuro è proporzionato alle dimensioni (altezza e lunghezza presacrale) di un megalosauroide “classico” (usando la ricostruzione scheletrica di Megalosaurus realizzata da Scott Hartman come riferimento), il piccolo rettangolo grigio chiaro indica l'incremento in lunghezza in un baryonychino (usando la ricostruzione scheletrica di Baryonyx realizzata da Scott Hartman come riferimento), mentre il rettangolo nero indica l'estensione ulteriore di Spinosaurus (usando la ricostruzione scheletrica proposta da Ibrahim et al. 2014). Vedete come il modello predice che le spine neurali di Baryonyx non siano molto più alte rispetto a Megalosaurus, mentre Spinosaurus risulterà avere spine neurali molto più alte di ambo gli altri megalosauroidi.

Questa interpretazione quindi indica che le spine neurali di Spinosaurus non sono un “vezzo” o “optional” della sua anatomia, ma una necessaria conseguenza biomeccanica delle sue inusuali proporzioni corporee. Le spine neurali iper-elevate di Spinosaurus si sono evolute come ancoraggio di legamenti epiassiali necessari per bilanciare una leva corporea molto “sbilanciata” in avanti.
Dettaglio non marginale, questo modello implica che tutte le forze peso di Spinosaurus si applichino sull'arto posteriore, quindi che esso sia bipede.

08 agosto 2016

Spinosaurus: gambe corte o torace lungo?


Si è parlato molto delle proporzioni anatomiche dell'esemplare descritto da Ibrahim et al. (2014), e soprannominato Spinosaurus C. Come ho scritto in passato, in assenza di prove che dimostrino il contrario, io assumo che l'esemplare rappresenti un singolo esemplare e non sia quindi un mix di elementi da numerosi individui. Al tempo stesso, io non condivido parte della ricostruzione scheletrica proposta dagli autori, che ha integrato elementi ossei provenienti da altri esemplari di spinosauridi per “completare” Spinosaurus C. La ricostruzione completa, a differenza dell'esemplare, è chiaramente chimerica e quindi rischiosa come “fonte” per discussioni sull'animale.
Molti critici si sono soffermati, penso in modo eccessivo, sulla ricostruzione scheletrica completa dell'esemplare, e hanno attaccato tale ricostruzione al fine di demolire l'intera ipotesi proposta da Ibrahim et al. (2014). Come ho scritto qui sopra, si può dissentire dalla ricostruzione completa (ed io dissento) ma condividere l'ipotesi tratta dal singolo esemplare (ed io la condivido).
Pertanto, penso che se abbandonassimo quella ricostruzione – che è pur sempre una ipotesi – e ci concentrassimo invece sull'esemplare – che è un dato testabile – potremmo discutere in modo più costruttivo le evidenti peculiarità di Spinosaurus.
Non ci sono dubbi che Spinosaurus sia il tetanuro basale più aberrante (nel senso che devia marcatamente dalle caratteristiche tipiche del clade). E non si può ignorare che la grande maggioranza delle sue peculiarità sia riconducibile ad adattamenti acquatici. Un organismo è sempre un sistema integrato e funzionalmente coerente. Pertanto, non si può prescindere dalla sua evidente aberrazione acquatica per comprendere alcune delle sue più anomale caratteristiche.
Credo che un confronto diretto tra gli elementi omologhi presenti in Spinosaurus C e confrontabili negli altri megalosauroidi possa aiutare a comprendere questo animale. Molto più della mera ossessione per una ricostruzione scheletrica completa che, fino a che non avremo esemplari articolati, è più una rappresentazione dei nostri desideri e pregiudizi piuttosto che un “animale” da comprendere.

Ho quindi confrontato alcuni rapporti tra elementi ossei preservati in Spinosaurus C con i corrispondenti rapporti in altri megalosauridi. Data la frammentarietà di molti di questi esemplari, il numero di confronti è limitato, ma nondimeno istruttivo.

Qui sotto, H indica l'altezza dell'osso, L la lunghezza. Il primo valore riportato, salvo esplicita menzione di altri taxa, si riferisce a Spinosaurus C. Tra parentesi, il corrispondente valore in esemplari nei quali sia determinabile, seguito da un commento sul confronto dei valori.
Unica nota anatomica: gli autori interpretano l'unica falange ben conservata nella mano di Spinosaurus C come la prima del secondo dito. Dalle immagini in Ibrahim et al. (2014), io ritengo più plausibile che quella falange sia, con quelle proporzioni e forma generale, la prima del primo dito.

H quadrate / L axis: 3. (Baryonyx: 2.47).
Spinosaurus C ha un cranio più grande rispetto alla base del collo.

H quadrate / L dorsal 6: 1.41. (Baryonyx: 1.95).
Spinosaurus C ha un le dorsali intermedie allungate rispetto al cranio.

L axis / L ischium: 0.15. ("Brontoraptor" (cf. Torvosaurus): 0.25).
Spinosaurus C ha le vertebre del collo più corte rispetto al bacino.

L axis / L femur: 0.13. ("Brontoraptor" (cf. Torvosaurus): 0.18; Leshansaurus: 0.13).
Spinosaurus C ha il medesimo rapporto tra vertebre del collo e femore.

L dorsal 6 /femur: 0.28. (Leshansaurus: 0.17).
Spinosaurus C ha dorsali intermedie molto più lunghe rispetto al femore.

L dorsal 6 / L axis: 2.13 (Baryonyx: 1.28; Leshansaurus: 1.32).
Spinosaurus C ha le dorsali intermedie molto più lunghe rispetto alle cervicali.

L manual p1-I / L femur: 0.29. (Afrovenator: 0.15).
L manual p1-I / metatarsal I: 1.67. (Afrovenator: 1.09).
L manual p1-I / L pes p1-II: 1.75. (Afrovenator: 0.92).
L manual p1-I / L ischium: 0.34. (Afrovenator: 0.21).
Spinosaurus C ha la mano molto più grande relativamente al bacino e l'arto posteriore.

L ischium / L tibia: 0.78. (Afrovenator: 0.76; "Brontoraptor" (cf. Torvosaurus): 0.84; Eustreptospondylus: 0.75).
Spinosaurus C ha il medesimo rapporto tra bacino e gamba.

L ischium / L sacral 3: 3.58. (Ichthyovenator: 5.5).
Spinosaurus C ha il bacino più corto rispetto al sacro.

L tibia / L sacral 3: 4.60. (Leshansaurus: 6.44).
Spinosaurus C ha la gamba più corta relativamente al sacro.

Sebbene Spinosaurus C non conservi ungueali della mano, è utile confrontare i valori tra i baryonychini e altri megalosauroidi:
Manual ungual I / ilium: Afrovenator: 0.14; Suchomimus: 0.26; Baryonyx: 0.29.
Manual ungual I / femur: Afrovenator: 0.11; Suchomimus: 0.24.
I baryonychyni hanno il primo ungueale più grande relativamente al bacino ed alla gamba. Ciò è analogo a quanto osservato sopra per la falange del primo dito della mano di Spinosaurus C.

Se integriamo tutti questi rapporti in un medesimo animale, e lo confrontiamo con gli altri megalosaurodi, risulta che:

Spinosaurus C ha un rapporto collo-gamba comparabile a quello degli altri megalosauroidi. Anche i rapporti tra gli elementi di gamba e bacino sono simili agli altri megalosauroidi. Tuttavia, le sue dorsali sono molto più lunghe rispetto al bacino ed al collo, persino rispetto agli altri spinosauridi. Sebbene la mano (e, probabilmente, il resto del braccio) sia in proporzione più grande rispetto agli altri megalosauroidi, un simile rapporto risulta anche nei baryonychini, e probabilmente è un carattere condiviso tra gli spinosauridi.

Come interpretare questi risultati?
Spinosaurus ha un bacino e gambe ridotte rispetto agli altri megalosaurodi, oppure è la regione dorsale che è marcatamente allungata, mentre il resto del corpo è “normale”? Oppure il suo corpo deriva dalla sinergia dei due trend? La domanda non è triviale, perché se vogliamo capire come Spinosaurus “funzioni” e come si sia evoluto, occorre capire se la pressione selettiva ha agito nel ridurre gamba e bacino, mantenendo il resto del corpo “proporzionato”, oppure se quello che osserviamo è un animale con gambe e bacino “normali” ma il resto del corpo allungato.
A questo proposito, è interessante constatare che i baryonychini condividono con Spinosaurus le maggiore dimensioni relative della mano rispetto alla parte posteriore del corpo dei megalosauroidi, mentre Spinosaurus è unico ed aberrante nelle proporzioni delle vertebre dorsali. Ciò indica che l'allungamento relativo dell'arto anteriore precede filogeneticamente quello delle vertebre dorsali. Pertanto, è ragionevole considerare la vera peculiarità di Spinosaurus l'allungamento delle vertebre dorsali, e non tanto la riduzione dell'arto posteriore e del bacino. Questo risultato ci permette quindi di inquadrare Spinosaurus all'interno di una tendenza evolutiva, e ciò lo rende meno “alieno” e “chimerico”: Spinosaurus è solamente la naturale prosecuzione di un trend iniziato con i primi spinosauridi, nei quali il muso e l'arto anteriore si allungarono (per evidenti ragioni alimentari) rispetto agli altri megalosauroidi, e che in Spinosaurus comportà anche l'allungamento del torace. Arto posteriore e bacino, pertanto, potrebbero essere considerati la parte più “conservativa” dello scheletro di Spinosaurus e non il prodotto di una miniaturizzazione relativamente al resto del corpo.
Possibile sequenza evolutiva che dai megalosauroidi ancestrali conduce a Spinosaurus. Le novità anatomiche indicate in blu. Notare che in base a questa interpretazione, il cinto pelvico e l'arto posteriore di Spinosaurus non sono ridotti rispetto alla condizione ancestrale: è la parte anteriore del corpo ad essere allungata.

Da punto di vista funzionale, un torace allungato rispetto agli arti posteriori risulta avere un passo ridotto rispetto al corpo. Ciò suggerisce una ridotta capacità cursoria, risultato atteso per un animale con adattamenti acquatici. Che postura (o quanti tipi di posture) adottava Spinosaurus?
Questa domanda è più articolata rispetto alla discussa e controversa ipotesi se Spinosaurus fosse capace di andatura quadrupede. Vorrei rimarcare che il problema è stato semplificato da molti osservatori, estremizzandolo. Occorre fare delle distinzioni: un fenomeno è l'acquisizione di una postura del corpo orizzontale (orientazione preferenziale dell'asse corporeo rispetto al substrato), un altro fenomeno è l'acquisizione di una postura quadrupede (sostegno del corpo da parte dei quattro arti), un altro ancora è l'acquisizione di una locomozione quadrupede (utilizzo dei quattro arti nella locomozione). Ad esempio, una foca ha una postura orizzontale, ma sarei restio a chiamarla una postura quadrupede. Un essere umano può assumere una postura quadrupede, ma è incapace di mantenere una efficiente locomozione quadrupede che non vada oltre qualche goffo passo ingobbito.
Ibrahim et al. (2014) concludono che, in base alla loro ricostruzione, Spinosaurus “sulla terraferma deve essere stato un quadrupede obbligato”. Tuttavia, le “prove” a sostegno di ciò sono solamente che le proporzioni del suo corpo implicano che fosse impossibilitato fisicamente a mantere una postura bipede “classica” tipica di tutti i theropodi. Ma ciò non implica necessariamente che assumesse una locomozione quadrupede. Come scrissi in un post passato, esiste un ampio ventaglio di alternative al non poter mantenere la postura classica: il tripode (come alcuni mammiferi, ad esempio i canguri), il bipede verticale (come l'uomo ed i pinguini), oppure la postura orizzontale, strisciante con il ventre a terra (come le foche o i pinguini quando pattinano sulla neve spingendosi con i piedi).
Le lunghe vertebre dorsali e l'ipertrofia delle spine neurali sono un forte indizio a negare una postura bipede verticale. L'uomo stesso è sub-ottimale nella postura eretta, come ci ricordano i nostri mal di schena, quindi a maggior ragione lo sarebbe Spinosaurus.
Ho parlato della postura tripode in un passato post.
Resta la terza opzione: Spinosaurus era una sorta di “foca theropode”? Una simile opzione avrebbe il pregio di ammettere la postura orizzontale senza per questo implicare una postura quadrupede. Duane Nash ha discusso in modo molto intelligente ed originale le implicazioni di questo scenario.
In base a quello che già conosciamo, escludo che Spinosaurus fosse capace di locomozione quadrupede. Basandoci sui dati diretti, infatti, l'unico elemento osseo dell'arto anteriore preservato in Spinosaurus C, la falange della mano, grida con vigore una chiara risposta: esso è del tutto privo di adattamenti volti a sostenere il peso sulle mani. La falange è chiaramente allungata, leggermente concava ventralmente, con faccette articolari ben sviluppate sia prossimali e distali, processi estensori e flessori molto marcati: questo mix di caratteri differisce dalle falangi della mano di tutti i dinosauri quadrupedi, che sono più corte, con poco o nulla sviluppato nei processi estensori e flessori e faccette prossimali e distali appiattite. Questo è il classico elemento osseo di una mano theropode, del tutto incapace di svolgere una funzione graviportale per sostenere il peso del corpo.
Inoltre, fintanto che non avremo elementi del cinto pettorale, è del tutto immotivato pensare che Spinosaurus fosse capace di muovere alternativamente le braccia in una locomozione quadrupede. Ciò implicherebbe una radicale modifica della regione pettorale, in particolare, implicherebbe la perdita della furcula per permettere ai due rami del cinto pettorale di muovere indipendentemente uno dall'altro, e la riorganizzazione della muscolatura cranio-cervicale che si inserisce sullo scapolocoracoide. Ripeto: in assenza di ossa del cinto pettorale, la locomozione quadrupede in Spinosaurus è pura fantasia. Non sarebbe impossibile (molti cladi di Dinosauria evolvono una postura quadrupede), ma richiede prove. Ed il fatto che l'unico osso noto dell'arto anteriore sia conformato come le falangi classiche degli altri theropodi lascia poco spazio a fantomatici adattamenti all'andatura quadrupede.

Sulla base di queste considerazioni, penso che l'ipotesi di una postura orizzontale strisciante, da “foca” o, per restare in Theropoda, da “pinguino che striscia sul ventre”, possa essere la chiave per comprendere Spinosaurus fuori dall'acqua. Ovvero, estendendo il ragionamento di D. Nash, penso che un animale a postura orizzontale obbligatoriamente a contatto con il substrato, corti arti posteriori capaci comunque di generare una marcata spinta locomotoria (il quarto trocantere del femore è enorme) sia in acqua che su un substrato fangoso, possa essere la soluzione delle anomalie proporzionali di Spinosaurus, senza dover ricorrere ad una postura quadrupede che, fino a prova contraria, non ha alcuna evidenza morfologica a suo favore. La forma della gabbia toracica di Spinosaurus, deducibile dalle coste presenti nell'olotipo di Stromer, suggerisce una ampia superficie ventrale del torace, ideale per massimizzare la distribuzione del peso corporeo sul substrato fangoso.
Questa postura ha il vantaggio di non richiedere alcuna modifica aggiuntiva alla morfologia dell'arto anteriore, il quale fungerebbe da stabilizzatore laterale senza per questo essere coinvolto nel sostegno diretto del peso corporeo.

Tornando alla domanda che fa da titolo al post (e che non deve essere presa come una netta dicotomia tra fenomeni contrapposti), penso che le peculiarità di Spinosaurus siano da considerare l'allungamento delle vertebre dorsali e sacrali, più che una riduzione effettiva delle dimensioni dell'arto posteriore. Sotto questa luce, l'allungamento in altezza delle spine neurali dorsali potrebbe essere un mero effetto collaterale lungo l'asse verticale dell'istruzione genetica che ha generato l'aumento delle vertebre lungo l'asse orizzontale.