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20 maggio 2008

Dilophosaurus, forse un po’ piscivoro, non certo anfibio

In un commento ad un post precedente, è stata sollevata l’ipotesi che Dilophosaurus poteva essere un animale anfibio alla maniera con cui ho inteso i carnotaurini e (sopratutto) gli “ingeniini”. In questo post non cito il “peccatore”, ma analizzerò le argomentazioni proposte nel suo “peccato” (sto scherzando... forse...).

Egli dice:

1) “Il bacino di D. wetherilli aveva una struttura più debole e primitiva (solo 4 vertebre)...”

La “debolezza” del sacro di Dilophosaurus è assunta sulla base del numero delle vertebre sacrali. Ciò non ha alcuna giustificazione: il numero delle sacrali dice solamente l’ampiezza cranio-caudale delle inserzioni iliache con la colonna vertebrale. Ad esempio, Herrerasaurus ha un numero di sacrali anche minore, ma le coste sacrali ed i processi trasversi sono così ampi in altezza da articolare con le intere superfici mediali dell’ileo, formando un bacino strattamente saldato alle vertebre. Argomentare che 4 sacrali sia indice di debolezza del sacro e quindi di maggiore “acquaticità” non ha giustificazione, dato che allora tutti i dinosauri basali (che hanno solo tre sacrali) dovrebbero essere considerati ancora più acquatici dello stesso Dilophosaurus.

Se il basso numero di sacrali fosse indice di adattamento all’acqua, che dire di Hesperornis, che ha 10 sacrali?

In ogni caso, dato che l’esemplare di Dilophosaurus citato a sostegno della presenza di solo 4 sacrali (quello di Welles, 1984) è un subadulto (Tykoski, 2005), è probabile che abbia la quinta sacrale non pienamente ossificata (e quindi presente, ma staccata dal resto del sacro).

2) “...di quella del suo predecessore Coelophysis”.

Coelophysis non è predecessore di Dilophosaurus in nessuna filogenesi pubblicata (anche perché nessuna filogenesi alla scala dei teropodi potrà mai produrre una relazione di “antenato-discendente”, la quale poi è un concetto ambiguo ed abbandonato dalla ricerca cladistica). Anche ammettendo che Dilophosaurus sia un coelophysoide (Tykoski, 2005; ma non Carrano et al., 2002; né Rauhut, 2003, né la mia analisi), esso risulterebbe in posizione più basale di Coelophysis.

Il fatto che Dilophosaurus sia giurassico e Coelophysis sia triassico non implica che il secondo sia il predecessore del primo.

3) “Entrambi dovevano essere buoni nuotatori (come sembrano dimostrare NUMEROSE scoperte icnologiche-una anche ai Lavini di Marco)”. (Il corsivo è mio).

Dovevano dimostrare cosa? In base a quale argomento? Sappiamo che le orme dei Lavini di Marco sono di teropode; ma attribuirle a Coelophysis o Dilophosaurus è impossibile in assenza di un’associazione diretta tra scheletro e ossa. Inoltre, le orme non dicono nulla sulle abitudini natatorie di un animale. Vorrei far notare che un VERO buon nuotatore non DOVREBBE lasciare orme sul fondo. Spesso, le apparenti orme lasciate da un animale che (si presume) scalciasse sul fondo durante il (presunto) nuoto sono in realtà delle sottoimpronte mal interpretate.

Dopo aver fornito queste poco convincenti prove che Dilophosaurus fosse anfibio, viene presentata una lista di caratteri che indicherebbero che esso era pescatore (piscivoro). A questo proposito, si cita persino Baryonyx. Tuttavia, anche ammettendo che questi caratteri siano da piscivoro (cosa che posso accettare in parte), ciò NON dice nulla sul fatto che l’animale fosse anfibio. Infatti, nelle discussioni sui carnotaurini e gli “ingeniini” io non ho mai citato Baryonyx o gli spinosauridi come esempi di teropodi anfibi. Le due caratteristiche non sono necessariamente collegate.

Vediamo questi caratteri da piscivoro:

1) “Il bordo labio-linguale dei mascellari e dentali ha la forma tipica da diastema, in modo simile agli spinosauridi (carattere ancora più sviluppato nei moderni gaviali, piscivori appunto)”.

Questo carattere ricorda i coccodrilli. Tuttavia, un vero diastema con rosetta espansa è presente solo nei piscivori spinti, come i gaviali: Dilophosaurus non pare così specializzato.

2) “la particolare posizione delle narici”.

Detto così non dice nulla. In ogni caso, la posizione della narice non si discosta molto da quella di altri teropodi. Ciò che dà l’impressione di arretramento delle narici è la forma del premascellare, che è basso ed acuto in vista laterale. Per il resto, le narici non sono né arretrate né dorsalizzate.

3) “Lunghi arti anteriori (per un teropode) e grossi artigli”.

Questo carattere è totalmente inventato:

Dilophosaurus ha le proporzioni dell’arto anteriore nel range degli altri teropodi non-maniraptoriformi. Gli artigli non sono significativamente più grandi di altri teropodi di taglia analoga.

4) “Aggiungerei i denti a sezione ovale e seghettati... Non è una vera propria prova, ma non gioca a sfavore”.

Infatti non dice nulla: a parte gli spinosauri e la maggioranza dei maniraptoriformi, quella di Dilophosaurus è la forma generale dei denti dei teropodi. I denti da piscivoro sono a sezione circolare e privi di seghettatura.

Concludendo, a parte la presenza di un diastema come possibile segno di piscivoria, non viene presentata nessuna prova convincente che Dilophosaurus fosse anfibio, o avesse un adattamento all’acqua più avanzato di altri teropodi basali.

Bibliografia:
Carrano, M. T., S. D. Sampson, & C. A. Forster. 2002. The osteology of Masiakasaurus knopfleri, a small abelisauroid (Dinosauria: Theropoda) from the Late Cretaceous of Madagascar. Journal of Vertebrate Paleontology 22:510–534.

Rauhut, O. W. M. 2003. The interrelationships and evolution of basal theropod dinosaurs. Special Papers in Paleontology 69:1–214.

Tykoski, R. S. 2005. Anatomy, Ontogeny, and Phylogeny of Coelophysoid theropods. Ph.D. dissertation, University of Texas at Austin, 572 pp.

Welles, S. P. 1984. Dilophosaurus wetherilli (Dinosauria, Theropoda): osteology and comparisons. Palaeontographica Abteilung A 185: 85–180.

1 commento:

  1. Dai oK...sei riuscito a convincermi^^ Avevo di fatto scritto un po' di boiate...Ero giusto rimasto incuriosito da St. George. Però, su una questione non mi smuovi: credo che l'icnologia abbia la sua stramaledetta importanza^^
    Certo, sulle impronte non troveremo scritto il cartellino "Dilophosaurus wetherilli" ma, sicuramente, vi sono(almeno a volte)indizi sufficienti per attribuire un preciso morfotipo all'autore delle orme...in maniera abbastanza attndibile. Il mio discorso non era rivolto solo a Dilophosaurus. Quando si parla d'icnologia, è quasi impossibile poter attribuire un preciso genere/specie ad un icnotipo.
    Sicuramente i Lavini non sono il caso migliore, anzi!(l'ho citato solo per patriottismo^^)
    Però trovo molto interessante il sito di St. George, come moltissimi altri. Non sono Martin Lockley e non riuscirò a convincere nessuno del contrario.

    Ne riparleremo. Vorrei farmi un po' di chiarezza

    Fabio

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